Italia e Francia di fronte alla crisi energetica
![Parlamento europeo](https://static.wixstatic.com/media/11062b_1bb9fa5d0fe74f3c82a50ba7079a91cb~mv2.jpeg/v1/fill/w_638,h_425,al_c,q_80,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/11062b_1bb9fa5d0fe74f3c82a50ba7079a91cb~mv2.jpeg)
Gestione della crisi e misure di contenimento del caro energia
Europa
Dopo mesi di discussioni politiche e di tavoli tecnici, i ministri dell'energia dei 27 Paesi membri UE sono riusciti a raggiungere un accordo sul tetto al prezzo del gas. Il Consiglio sull’energia, tenutosi il 19 dicembre 2022, ha stabilito un'intesa sul prezzo massimo di 180 € al mWh. Il meccanismo dovrebbe entrare in vigore a partire dal 15 febbraio 2023 e limiterà i prezzi del gas quando questi supereranno i 180 € al mWh per tre giorni consecutivi sull’indice di riferimento Ttf; a condizione che le medesime forniture di gas all’Europa non vengano compromesse.
I Paesi più dubbiosi ad approvare la proposta sono stati Germania, Austria e Olanda, perché contrari a mettere a rischio le loro forniture di gas. A spingere invece per trovare un'intesa comune sono stati una quindicina di paesi, tra cui in primis Italia, Francia e Spagna. La risposta di Mosca si è già fatta sentire a ottobre 2022, con il presidente Vladimir Putin che ha definito il tetto al prezzo del gas come un “imbroglio”, aggiungendo che sarebbero state interrotte le forniture di gas a qualunque Paese avesse deciso di applicarlo in futuro.
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Tuttavia, la decisione del Vecchio continente potrebbe non riparare da effetti negativi, come ad esempio da possibili rischi di carenza di approvvigionamento. In effetti, considerando che il “price cap” al gas è sia una scelta politica sia una misura economica, questo meccanismo potrebbe contribuire a rendere il mercato energetico europeo meno competitivo a livello internazionale nei prossimi anni, facendo dirottare una parte delle esportazioni verso il mercato asiatico.
Sulla base di queste incertezze, la situazione degli approvvigionamenti gasieri rimane abbastanza traballante, per via delle costanti tensioni tra gli importatori europei e l’esportatore russo. Nel corso del 2023, vedremo se il tetto al prezzo del gas contribuirà ad aggravare la spaccatura politica con la Federazione Russa, oppure se si limiterà ad essere un semplice meccanismo di regolazione del mercato, senza avere ripercussioni sulle importazioni gasiere europee. Certo, le dure affermazioni del governo russo, storico esportatore gasiero dell’Unione, non lasciano spazio ad una normalizzazione dei rapporti.
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Francia
In questo scenario confuso, nel 2022 il paniere energetico della Francia è stato caratterizzato per circa il 46% da combustibili fossili, ma, allo stesso tempo, è stato anche il sistema meno dipendente dal gas russo tra quelli dei partner europei. Anche nel 2021, il gas ha rappresentato solo il 20% del consumo annuale di energia francese (1.778 TWh). Quest’ultimo è stato composto, anche, da prodotti petroliferi raffinati per il 42% del totale, elettricità per il 24% e rinnovabili termiche per l’11%. In ogni caso, sebbene la discreta diversificazione del mix energetico nazionale, la dipendenza francese dal metano ruteno è aumentata costantemente negli ultimi anni, con un incremento significativo del 13% nel 2019.
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Come già evidenziato nella pagina precedente, un mix di fattori congiunti ha condotto alla crisi energetica odierna in Europa. Ora, le conseguenze di questi effetti non hanno risparmiato neanche la Francia. Infatti, anche nell'Esagono, la ripresa economica post-covid del 2021 ed i recenti sconvolgimenti geopolitici, come le conseguenze della guerra in Ucraina, hanno contribuito ad impennare considerevolmente i prezzi energetici.
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Tuttavia, in condizioni normali, la Francia è autosufficiente in termini di produzione di elettricità. A gravare sulla situazione del 2022 però è stata l'inattività di una modesta parte della rete nucleare nazionale, per ragioni di manutenzione, e la limitata produzione di energia idroelettrica per ragioni atmosferiche. Questi motivi hanno fatto lievitare i costi dell’elettricità nel Paese, oltre ad aumentare i prezzi e i volumi dei combustibili fossili importati. Quindi, nonostante il nucleare e l’idroelettrico, la Francia, solitamente autosufficiente e persino esportatrice, è stata una discreta importatrice di elettricità nel 2022. La limitata attività di produzione elettrica francese degli ultimi anni ha, dunque, contribuito anch’essa a mantenere alta la tensione sui prezzi nei mercati energetici europei.
Nel corso del 2022, al fine di tutelare i cittadini dal caro energia, il governo transalpino ha limitato l'aumento delle tariffe energetiche al 4% rispetto a quelle del 2021. In aggiunta, ad ottobre 2022, il governo ha firmato un patto di solidarietà commerciale con i fornitori di energia, garantendo un'applicazione equa dei contratti attuali e delle loro condizioni di rinnovo per il 2023. Per quel che concerne l’applicazione dello scudo tariffario nel 2023, assistiamo ad un rinnovo della misura fino al 30 giugno. L'aumento delle tariffe è limitato al 15% dal 1° gennaio 2023 per il gas e al 15% per l'elettricità dal 1° febbraio 2023, con una differenza di 11 punti percentuali rispetto al tetto del 4% del 2022.
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Ad ottobre 2022, il ministro dell'Economia e delle Finanze Bruno Le Maire ha dichiarato all'Assemblea Nazionale che il governo avrà speso 100 miliardi di euro per proteggere i francesi dall'impennata dei prezzi tra il 2021 e il 2023. Il costo totale della manovra per il 2023 è stato stimato in 46 miliardi di euro. In effetti, le ingenti spese pubbliche degli ultimi anni son giustificate, in parte, dall’applicazione, già nell'ottobre 2021, dello scudo tariffario sui prezzi dell'elettricità e del gas. Con questa manovra del governo, l'Esagono è però riuscito a tenere uno dei livelli di inflazione più bassi della zona Euro.
A conti fatti, la Francia, più di tutti i suoi vicini europei, sa di poter contare sull’energia nucleare, la quale le garantisce una migliore diversificazione del suo paniere energetico ed un’esposizione meno vincolante alla dipendenza dei combustibili fossili di importazione. Questa risorsa è sufficiente ad avere una solida garanzia strategica davanti al futuro incerto che minaccia i mercati energetici europei, pur non sottraendo l’Esagono da alcuni rischi della crisi internazionale. Secondo il Ministero della Transizione Ecologica, infatti, l’energia nucleare rappresenta il 40% di tutto il consumo primario francese di elettricità.
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Italia
Durante il 2022, la crescita dei prezzi all'ingrosso e il loro andamento su livelli altissimi hanno influenzato anche la spesa per la bolletta elettrica italiana. Secondo il Servizio Elettrico Nazionale, la spesa per la famiglia-tipo nel periodo compreso tra aprile 2022 e marzo 2023 sarà di circa 1.374 euro; ossia il +67% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
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Nel panorama europeo, l’Italia, a differenza della Francia, è una delle vittime principali degli effetti della crisi energetica attuale, essendo una notevole importatrice di combustibili fossili. Il Belpaese, seconda potenza manifatturiera dell’Unione Europea dopo la Germania, ha un’economia energivora fortemente esposta agli approvvigionamenti dall’estero.
Le fonti di approvvigionamento interne sono state abbandonate man a mano dal 2000 al 2021. Nondimeno, la domanda dei consumi energetici è aumentata. Dunque, più di tutti gli altri Stati membri, l'Italia è in seria difficoltà, dato che si trova di fronte a una crisi che potrebbe costituire per lei un vero e proprio divisore di potenza. A ben vedere, la quota di consumo media da importazioni straniere negli ultimi 10 anni si aggira intorno al 75%-80%. Di questi approvvigionamenti riveste un'importanza particolare il gas naturale, che ha rappresentato finora all'incirca il 40% del paniere energetico nazionale.
Per quanto riguarda, invece, le misure di contrasto al caro energia, il governo di Giorgia Meloni si è impegnato in misure espansive (inserite nel disegno per la legge di bilancio 2023) per 35 miliardi e coperture per 14 miliardi. Inoltre, come in Francia, nel 2023 il governo italiano vuole seguire un percorso di aggiustamento delle finanze pubbliche, e punta a ridurre il deficit dal 5,6% del 2022 al 4,5% per il 2023.
Rimane indicativo il fatto che i 21 miliardi di deficit addizionale della manovra sono quasi interamente destinati al mantenimento di misure simili a quelle introdotte dal governo Draghi a inizio 2022 contro il caro energia. Infatti, il 60% delle misure espansive è destinato a tutelare i cittadini e le imprese dai prezzi energetici (20,2 miliardi). Di queste misure espansive 10 miliardi sono destinati alle imprese sotto forma di credito d’imposta, 5 miliardi servono per garantire la stabilità delle aliquote relative agli oneri generali di sistema del gas ed 1 miliardo è stanziato per le utenze domestiche. Non è contemplato nella manovra, a differenza della Francia, il taglio delle accise sui carburanti. Tra le coperture, è presente anche l'innalzamento dell’aliquota sugli extra profitti delle imprese energetiche al 50%.
Secondo un rapporto del 5 dicembre 2022 dell'”Osservatorio dei conti pubblici” la manovra si presenta, nel complesso, come “attendista”. Effettivamente, tutte le misure di contrasto all’aumento dei costi delle bollette si concludono alla fine di marzo 2023. Dunque, a quel punto, l'esecutivo dovrà decidere come muoversi sulla base della situazione economica e dei prezzi energetici.
Dunque, fatte queste brevi premesse sui mix energetici nazionali di Italia e Francia, è evidente che, all’interno dello scenario europeo, il sistema energetico italiano sia uno di quelli più succubi dalle capacità di approvvigionamento estere, specialmente di gas. Non avendo contemplato, fin che le condizioni lo permettevano più agevolmente, la possibilità di sviluppare delle garanzie strategiche solide, oggi l'Italia è costretta a essere in balia della situazione geopolitica. Attualmente, è alla ricerca di alternative al gas russo per accaparrarsi le forniture in tempo reale di cui necessita costantemente, facendo aumentare ulteriormente la sua esposizione all’incertezza dei mercati energetici.
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Bisogna constatare il fatto che, durante questa crescita improvvisa dei prezzi del gas all'ingrosso, la mancanza di solide garanzie di approvvigionamento e l’inefficiente diversificazione del mix energetico nazionale non hanno permesso all’Italia di contenere la portata devastatrice del caro energia. In conclusione, nella crisi energetica del nuovo millennio, la mancanza di garanzie strategiche rende l’Italia ancora estremamente vulnerabile ai vincoli dei Paesi esportatori.